CURVA NORD, CURVA SUD CATANIA : “SIAMO STUFI, BASTA STADIO”.

Decisione presa da tutto il movimento anche dopo le ultime diffide.
Alla base di tutto il no alla tessera del tifoso, ma anche la stanchezza per la deriva presa dal calcio, ormai tutto nelle mani della tv e del business.
di Andrea Lodato

Non è una resa, non è, per lo meno, la loro resa. E' una sconfitta, questo sì, la sconfitta di chi ha dimostrato in questi anni di non sapere e, di più, di non volere governare una realtà fondamentale del mondo del calcio, il movimento ultras. Un mondo difficile, complicato, fatto di passioni, di partecipazione, di colori, anche di eccessi, qualche volta, ma essenziale per tenere in vita il calcio nei suoi aspetti non necessariamente collegati al business, non esclusivamente connessi alla deriva televisiva, per cui ogni azione del calcio, ormai, deve necessariamente passare dai teleschermi e, per questo, essere visto e vissuto più in salotto che in curva.
E' andata così, e tristemente il movimento ultras catanese, unito, in tutti i gruppi, quelli storici e quelli più recenti, quelli della curva Sud e quelli della curva Nord, ma anche quelli che hanno trovato spazio in questi anni in altri settori, annunciano che nella prossima stagione loro non ci saranno. Il no alla tessera del tifoso, l'indigeribilità di diffide e daspo a pioggia, arrivati sempre più in maniera indiscriminata, spesso al di là delle singole effettive e reali responsabilità personali, le restrizioni per cui nelle ultime stagioni a stabilire se fare o non fare una trasferta non sono stati più i tifosi, ma gli organi di pubblica sicurezza, tutto ciò ha segnato il punto di rottura. L'anno scorso sopportato e in parte metabolizzato, quest'anno non aggirabile e insormontabile, più da un punto di vista emotivo che per il rigore delle norme, per l'obbligo di sottoporsi, con la tessera, ad una ulteriore schedatura assolutamente priva di effetti pratici sotto il profilo della sicurezza e dell'ordine pubblico, dal momento che qualunque tifoso, che ne abbia diritto ovviamente, potrà regolarmente entrare allo stadio, in casa acquistando il biglietto e in trasferta andando in un settore non destinato alle tifoserie ospiti.
Tutto sempre più complicato, al punto che gli ultras catanesi, prima di tutti gli altri movimenti italiani all'interno dei quali è in corso un dibattito su cosa fare e come muoversi alla luce dei recenti provvedimenti, hanno sciolto la prognosi: loro allo stadio l'anno prossimo non andranno. E hanno affidato ad un comunicato di poche righe, ma preciso, inequivocabile e che, soprattutto, in quelle parole ribadisce una mentalità, un concetto, un atteggiamento civile: nessuna resa, ma il silenzio sia ascoltato da tutti.
«Gli ultras catanesi, tutti e uniti - scrivono nel comunicato - dicono no alla tessera. A seguito di diversi incontri gli ultras catanesi hanno deciso di alzare un muro contro chi ci vuole privare della nostra libertà: per questo a Catania è stato deciso, con non poca tristezza, che oltre a non tesserarsi per l'intera stagione, verranno sospese tutte le attività legate al tifo. Il tutto si trasferirà all'esterno dell'impianto. Ci teniamo, inoltre, a precisare che la nostra non è una resa, ma un modo civile per dire no a chi ci vuole cancellare. Restiamo in silenzio in attesa che qualcosa cambi».
Fin qui gli ultras catanesi, la cui scelta è chiara: la domenica niente curve, ma il sostegno, nel cuore e nella mente, traslocherà altrove, ma sempre fuori dallo stadio. Il modo, i tempi, le dinamiche di queste nuove domeniche per il mondo ultras rossazzurro saranno stabilite più avanti, d'intesa, appunto, tra tutti i club, tutti i gruppi. Quel che è certo oggi è che lo stadio perderà una forza essenziale, perderà definitivamente, il colore, il calore, l'energia, il cuore, i muscoli di quei tifosi che da sempre, e tanto più in questi anni, sono stati spesso il valore aggiunto del Catania, nelle conquiste importanti, nelle promozioni, nelle salvezze, nella crescita del movimento calcistico. Anche toccando quella punta tragica che nessuno dimentica e che è stato uno spartiacque tra passato, presente e futuro, che ha fatto riflettere tutti sugli errori commessi in passato. Non solo i tifosi, ma anche chi avrebbe dovuto cogliere prima e meglio insofferenze e contaminazioni, estranee al tifo, che si insinuavano nel movimento ultras in tutta Italia e che si sarebbero dovute arginare e governare con intelligenza e lungimiranza. Ma proprio dal quel 4 febbraio il tifo catanese è diventato esemplare, eppure non è bastato un comportamento globalmente irreprensibile, non una contestazione, non un incidente, isolati episodi in cui i tifosi rossazzurri in trasferta sono stati costretti a difendersi da agguati e aggressioni e che, nonostante l'evidenza dei fatti e delle circostanze, alla fine hanno pagato più a caro prezzo i catanesi che gli altri. In questo quadro va detto anche che il movimento ultras catanese non ha assolutamente nulla da rimproverare alla società rossazzurra, concetto chiaro da sottolineare e ribadire, proprio perché il calcio catanese sta perdendo questa forza di sostegno, ma non deve subire altre smagliature, altre spaccature. La sintonia tra tifosi e società c'è sempre stata, anche quando gli ultras hanno avuto, e sta nelle cose del calcio, da rivendicare qualcosa in più, sempre e solo per consolidare la presenza del Catania tra le grandi del calcio.
E i risultati sono stati raggiunti dalla società, ma con la parte che gli stessi tifosi hanno saputo recitare ogni volta che sono stati chiamati in causa ed hanno potuto e dovuto fare la loro parte. Per questo anche di fronte a questa dolorosa decisione, va evidenziato che il rapporto tifosi-società resta inalterato, anche perché quella rossazzurra è stata una delle poche società, e alla fine anche l'ultima e l'unica, che si sono battute per cercare di fare emendare quell'articolo 9 della tessera del tifoso che aveva tutti i profili dell'anticostituzionalità.
Dunque si ripartirà senza ultras e non è roba da poco, perché per il Catania da sempre il tifo è stato un elemento in più, un valore aggiunto, quello che ha aiutato a realizzare grandi imprese. Ci sarà tutto il resto dello stadio e tutti gli altri tifosi, certamente, ma quel che mancherà, intanto per questa stagione, potrebbe essere una grave perdita. In quelle poche domeniche senza tifo delle curve al Massimino, il ricordo è ancora vivo, anche partite importanti e decisive sono state giocare in un silenzio devastante, anche per il pubblico stesso, abituato, spesso, a godere e a servirsi dell'urlo appassionato di una curva. Di cui adesso dovremo abituarci a fare a meno.

 

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